Intervista a Massimo Zamboni, CCCP
Punk rock italiano. Unione Sovietica. Anni Ottanta pieni di stimoli politici, culturali e che hanno visto Massimo Zamboni protagonista insieme ai CCCP e non solo: «Diciamo che sono quarant’anni, ormai un po’ di più, che ho un lavoro pubblico che è quello di andare in giro a fare concerti, scrivere libri, spettacoli prima con CCCP e poi CSI ed infine con molti progetti solisti». Zamboni viene da una famiglia che non è mai stata di sinistra. Anzi decisamente di destra, squadrista, poi fascista, infine silenziosa. Lui ha fatto il passaggio da un’adolescenza in questo ambito familiare per arrivare all’amore per la musica, la cultura e quindi arrivando ai CCCP poi CSI: «Si è consumato a metà degli anni Settanta quando ero poco più che adolescente. Era un periodo pieno di tensioni, di cultura, di stimoli per questa intera generazione che non aveva paura di misurarsi con il mondo e la sua complessità. Le letture, i viaggi e la musica che arrivava, i film sono stati tutti contributi a sgretolare un’educazione familiare che sentivo molto lontana dal mio essere, dalla mia essenza. Credo che questo sia un processo avvenuto a tante persone, non è niente di straordinario, si è radicato in me molto velocemente e mi ha portato su coordinate molto diverse che poi si sono incarnate anche in una politica attiva, prima con l’iscrizione alla Fgci, poi al Pci e poi nel seguire gli avvenimenti degli successivi».
Sullo sfondo un’eredità musicale e culturale che ancora oggi resta indimenticabile e indimenticata. I vari input e stimoli che Zamboni ha ricevuto da giovane, in ambito familiare ma soprattutto in ambito sociale, erano caratterizzati da una politica nazionale e internazionale diversa a dir poco da oggi. I giovani, oggi, ricevono stimoli differenti e quindi la commistione di culture, storie e insoddisfazione porta a qualcosa di nuovo, non paragonabile a prima: «È sempre un problema di ricerca individuale: accontentarsi della minestra che viene servita, buona o cattiva che sia, rimane una modalità di vita che non è soddisfacente per me, ma per molti può esserlo. Credo che nonostante il mondo attuale sia caratterizzato dallo sfacelo possa comunque fornire una quantità di stimoli infinita: a partire dalla questione ambientale, dalle istituzioni, dalla ronda della rappresentanza, dal nostro essere cittadini fino ad arrivare agli avvenimenti a livello internazionale, al divario sempre più grande tra nord e sud, ricchi e poveri. In più, la difficoltà di approcciarsi alla cultura, che sempre più è subordinata allo spettacolo e all’intrattenimento. Per chi vuole reagire c’è un’abbondanza di materiale a cui aggrapparsi».
Comunicazione sociale. Libertà di esprimere il proprio pensiero. Siamo in un periodo buio?
«Diciamo che poter esprimere pensieri in libertà è un lusso: io stesso rifletto molto prima di parlare pubblicamente perché non sono tempi leggeri. Una parola sbagliata ti può portare all’ospedale o anche peggio, potresti finire in un mirino, essere un bersaglio.
Avere un robusto apparato legale è fondatamente oggi, ma i cittadini comuni come fanno? Peraltro, viaggiando in Italia incontro tantissime persone che parlano, lavorano, si prendono cura dei loro territori, e questo è molto confortante. Ci sono persone, istituzioni, associazioni enti o luoghi di cui nessuno parla perché non c’è convenienza a parlarne. MA ci sono. Non dobbiamo lasciarci confondere dal “cicaleccio” continuo che confonde le acque ad arte.
La società di oggi, soprattutto i giovani, sta cambiando notevolmente rispetto a molti anni fa: coscienza piena di sé, sessuale e ideologica, libertà di essere ciò che si vuole ma disattesa da una società spesso omofoba e non inclusiva. La libertà di essere ciò che si vuole è fortemente attaccata: «Innanzitutto questo aspetto non riguarda solo i giovani ma tutti noi, in questo clima di spiazzamento totale in cui non
ricordiamo nulla. Per fare degli esempi semplici: non conosciamo le nostre genealogie, non conosciamo i luoghi in cui viviamo, non conosciamo chi c’è stato prima di noi, non conosciamo la storia della terra sotto i nostri piedi.
La maggior parte delle persone vive è spinta a vivere come banderuole impazzite, in un clima di frastuono e instabilità. Vorrei affermare che ognuno è libero di essere quello che vuole perché personalmente non ho assolutamente nulla da obiettare – ma vedo che il mondo in cui viviamo non è così tollerante. Ci sono delle tensioni violentissime a far sì che esista un pensiero unico, dominatore: diciamo che la coercizione e l’oppressione sono sempre operanti e, come sempre, sta a noi non farci schiacciare».
Zamboni è stato ospite al GoodSummer Festival in programma il 13 e 14 settembre a Poppi, in provincia di Arezzo per un reading intitolato “Con voce di popolo”: «Un reading musicale che prende l’avvio dal libro che ho scritto tre anni, “La trionferà”, e parla di tutto quel grande ed epico movimento che ha girato attorno al Partito comunista, in particolare nell’Emilia Romagna, soprattutto in provincia di Reggio Emilia, capace di governare una terra con modalità assolutamente inedite, molto avanzate. Ho seguito il percorso di tutta questa grandissima avventura antropologica umana politica sociale dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri quindi l’ascesa, la parabola e la caduta e la speranza per il futuro discorso ».


Direttore Inedita Srl
Progetta il tuo futuro, ma con una matita