Arte-Terapia: l’arte che diventa cura

Comunicare attraverso l’arte l’essenza di un’esperienza anche dolorosa e creare un ponte tra l’artista e l’osservatore

È indubbio il fatto che il rapporto tra trauma ed espressione artistica sia molto stretto, basti pensare a un grande nome della storia dell’arte come Frida Kahlo e proprio per questo la psicoanalisi sin dai suoi esordi, sin da Sigmund Freud, si è interessata alle modalità che permettono all’arte di diventare uno strumento per rispondere al dolore. L’arteterapia come metodo di cura nasce alla fine dell’’800 quando gli psichiatri si accorsero che attraverso il canale artistico riuscivano ad entrare maggiormente in contatto con quei pazienti, che risiedevano nei manicomi, che non si esprimevano attraverso il linguaggio verbale o che non utilizzavano un linguaggio verbale di tipo comunicativo.
L’occasione per approfondire l’argomento c’è stata lo scorso 4 novembre in occasione della presentazione della mostra-evento “Arte come cura”, progetto organizzato da Jonas Firenze, centro di clinica psicoanalitica per il disagio contemporaneo fondato da Massimo Recalcati e sponsorizzato dal centro medico “aDoc” di Gualdo Tadino al MAD, Murate Art District di Firenze. «Barbara Amadori, un’artista di Gualdo Tadino, ha proposto di portare nel capoluogo toscano questo progetto “Arte come cura” a cui lei stessa ha dato avvio quando era ricoverata in ospedale in attesa di essere operata di tumore al seno nell’ospedale di Città di Castello» ci racconta Ilaria Innocenti presidente di Jonas Firenze psicoterapeuta e arteterapeuta «Mentre si trovava in sala pre-operatoria, ha voluto con sé l’occorrente per poter dipingere ed ha iniziato a rappresentare quello che le stava intorno: le pareti, la coperta, le sue gambe…».
Il progetto ha poi avuto nuovo impulso quando altre donne, artiste, hanno iniziato a creare opere legate ad un particolare momento di sofferenza o malattia.  «Le opere realizzate da queste donne artiste che si sono occupate della ferita del corpo e della femminilità, sono state raccolte nella mostra. Jonas Firenze ha sostenuto questa iniziativa per sottolineare quanto la cura passi da qualcosa che appartiene alla soggettività della persona e quanto sia necessaria e importante una cura umanizzata».
Queste esperienze raccontate al convegno si differenziano dall’arteterapia vera e propria, che invece è una metodologia strutturata: «C’è una chiara differenza tra l’utilizzo dell’arte come strumento usato da un artista nella sua “solitudine” rispetto all’arteterapia che prevede un percorso nel tempo e la presenza di un arteterapeuta, che guida il viaggio della persona attraverso il linguaggio dell’arte visiva e plastico pittorica, con l’obiettivo di esprimersi ed entrare maggiormente in comunicazione con se stessa e con gli altri» spiega Ilaria Innocenti «L’obiettivo non è estetico ma è importante che quell’opera sia utile a quella persona per parlare di sé laddove magari il linguaggio verbale è più difficile. Ci sono tante esperienze di arteterapia anche in oncologia proprio perché questo canale si avvicina più delicatamente alla dimensione emotiva». Sicuramente l’arte attraverso le sue forme e i colori facilita l’espressione di sentimenti emozioni e sensazioni che spesso non sono esprimibili attraverso la parola.