Se gli investimenti ad impatto sociale nel mondo hanno superato il trilione di dollari, il motivo dipende dal fatto che il tema della sostenibilità si sta imponendo con forza come unica via per contrastare l’emergenza globale dei cambiamenti climatici.
La sostituzione di fonti fossili con energie rinnovabili e pulite richiederà tempi lunghi che forse, avvisano gli scienziati, non abbiamo più a disposizione. Lo scrittore americano Jonathan Franzen ha di recente pubblicato un piccolo saggio emblematico fin dal titolo: “E se smettessimo di fingere? Ammettiamo che non possiamo più fermare la catastrofe climatica”.
Come ha scritto invece l’economista gesuita Gael Giraud, le crisi ecologiche non prefigurano la fine del mondo, ma “la fine di un mondo”. Quel mondo figlio della seconda rivoluzione industriale, che ha finito per costruire un sistema basato su una crescita che va oltre la disponibilità di risorse della Terra.
Focalizzarsi tuttavia sulle sole questioni climatiche e ambientali sarebbe una facile scorciatoia. La sigla ESG, creata nel lontano 2005, pone infatti altre due lettere accanto alla E di ambiente. E non sono meno importanti. Non abbiamo di fronte, infatti, solo la sfida della sostenibilità ambientale, ma anche quella Sociale e di Gestione di imprese ed istituzioni. E saranno probabilmente queste ultime, secondo un approccio olistico che pare inevitabile, a decretare il successo, o meno, della rivoluzione sostenibile.
Perché come ogni cambiamento epocale ci ha insegnato, l’impatto della rivoluzione green sarà tanto più efficace se si sarà in grado di trovare competenze e visione, capacità gestionali e leadership (a tutti i livelli). Evitando le imbiancature di facciata.
Se, quindi, la transizione verso una società green non è più un’opzione, non sarà comunque una passeggiata. Si dovranno gestire impatti catastrofici ed emergenze non solo derivanti dagli effetti climatici: si pensi, ad esempio, solo per il nostro paese, che l’abbandono del motore diesel potrebbe comportare 70.000 esuberi tra i lavoratori del settore automobilistico. Insomma, la risoluzione dei problemi ambientali è inseparabile dai contesti umani, familiari, lavorativi, urbani e dagli effetti su stili di vita ed abitudini dei consumatori.
La notevole complessità della sfida che il mondo si trova davanti chiama quindi a raccolta tutti ed a tutti i livelli: cittadini, imprese, terzo settore ed istituzioni: nessuno si salva da solo, ne possiamo uscire solo insieme. La coesione e la resilienza a farne da guida.
La cooperazione in tutto questo può rappresentate un importante fattore critico di successo. Con nuovi spazi e possibilità che si aprono per chi ha fatto dell’etica di impresa, da sempre, il fulcro del proprio agire. Pensiamo in particolare a tutto il mondo della cooperazione sociale, che si trova davanti ad uno scenario favorevole come non mai per affermare che i valori della solidarietà, del benessere di soci, lavoratori e comunità e del rispetto delle diseguaglianze sono validi per tutti, anche per l’impresa profit. Con spazi di crescita davvero interessanti nel nuovo umanesimo industriale, se anche il mondo della cooperazione di credito e della finanza sostenibile offrirà il proprio sostegno nella creazione di valore oltre il semplice profitto.
Davanti ad uno scenario così complesso possiamo fermarci, bloccati dalla paura, o fare il primo passo e vedere cosa accade. Per quanto possa apparire presuntuoso, anche il solo parlarne, di sostenibilità, può rappresentare quel primo passo. E la sfida di Inedita Magazine è proprio questa: raccontare e dialogare per dare un senso alla sfida del bene comune che ci attende.